Natura

La forma del vento

Il vento non ha forma ma tu lo sai che c’è.

Il vento non fa rumore ma tu senti il suono delle foglie al suo passaggio.

Il vento non ha odore, ma grazie a lui puoi annusare quello dell’erba appena tagliata qualche isolato più in là.

Il vento non fa battute ma con il suo solletico ti fa ridere.

Il vento muove le onde e fa volare in alto gli aquiloni.

Il vento non ha forma ma non è vuoto. E’ pieno di ricordi e di segreti, di speranze e di corse.

Non fa ombra, non puoi raccoglierlo o perderlo, non puoi possederlo o incatenarlo.

ll vento è libero.

una fattoria particolare
Amicizia, Diversità, Natura

Una fattoria particolare

C’erano una volta un gatto sghembo, un gallo stonato, un pavone timido e un gufo che dormiva sempre sia di giorno sia di notte.
Questi simpatici animali vivevano tutti insieme in una fattoria abbandonata e le loro giornate andavano avanti tra lamenti e gare a chi fosse più sfortunato.
“Ho una gamba tutta storta e non riesco a camminare dritto”, iniziava il gatto sghembo.
“Vogliamo parlare del mio canto?! Dovrei essere il miglior cantante della fattoria e invece sono terribile”, rispondeva il gallo stonato
“A-al-almeno t-tu non ba-bal-balbetti”, replicò il pavone timido.
E poi silenzio. Infatti il gufo stava già sbadigliando ed era più addormentato che sveglio.

Insomma, i nostri amici passavano tutti tutti tutti i giorni a mettere a confronto le loro sventure. Nonostante quanto si possa pensare andavano molto d’accordo tra di loro e insieme si facevano delle grosse risate.

la fattoria particolare con i suoi animali

Inaspettatamente un giorno di pioggia si presentò all’ingresso della fattoria un barboncino che si era perso e aveva bisogno di indicazioni per tornare a casa dal suo padroncino. Ma il temporale era così forte che gli animali gli sconsigliarono di rimettersi subito in viaggio.
“Forse ti conviene aspettare che torni fuori il sole”, suggerì il gatto.
“I-io la pe-penso esa-esatta-esattamente come Sghembo”, aggiunse il pavone.
Il cagnolino accolse i suggerimenti e decise di rimanere nella fattoria fino a quando il tempo non fosse migliorato.

barboncino perfetto


Ma il barboncino era perfetto e non aveva niente di cui lamentarsi, infatti il suo pelo era lucido e ben pettinato, non abbaiava mai, si riposava solo il necessario e portava dei deliziosi fiocchetti alle orecchie.
Il cane, vedendo i difetti dei suoi ospiti, iniziò a farglieli notare.
“Gatto ma non vedi che la tua zampa è storta?”
“E tu gallo? Se non riesci a essere intonato non cantare proprio.”
“Pavone sei così bello, perché non ti metti in mostra e fai vedere a tutti la tua coda colorata?”
“Lo sapevi che i gufi di solito dormono solamente il giorno?”

Gli animali rimasero perplessi: loro infatti non erano abituati al fatto che qualcun altro li facesse notare i difetti. Così il gallo smise di cantare, il gatto si sforzò di camminare dritto, il gufo fece di tutto per rimanere sveglio (almeno la notte) e il pavone iniziò a ruotare goffamente con la sua splendida coda aperta.
Ma in quei giorni di pioggia nessuno fu più se stesso, non sapevano di cosa parlare e le giornate erano tutte monotone e uguali.

Dopo tre noiosissimi giorni, una mattina di sole il gallo si svegliò soprappensiero e cantò male, malissimo, ma così male che tutti gli altri si svegliarono e non poterono fare a meno di scoppiare a ridere. L’unico che non rideva era il gufo che ormai già da qualche ora dormiva profondamente.
Il gatto sghembo rise così forte che si dimenticò di camminare dritto e cascò sonoramente per terra, facendo ridere ancora di più tutti gli altri.
Alla fine fu il pavone che, visto che era una bella giornata, disse al barboncino balbettando “Fo-for-forse po-potresti ri-rimetterti in via-viaggio”.

(Questo audio è stato gentilmente registrato da storievoce_podcast)
bambino che va in bicicletta
Avventura, Diversità, Natura

La lentezza della lumaca

Rossa, fiammante, velocissima, con un grosso cestino per lo zaino.
Questo era il regalo che Tommy aveva ricevuto dai nonni per il suo compleanno e ogni qualvolta  il tempo lo permetteva, usava la sua nuova bicicletta per andare a scuola.
Tutti lo invidiavano quando arrivava come un scheggia sul suo sellino, gli occhi dei suoi compagni erano puntati su quel gioiello fiammante che luccicava alla luce del sole. Pure Alfredo, quel bambino antipatico di quinta, gli aveva chiesto dove l’avesse comprata.
Tommy era fierissimo della sua nuova bicicletta e non permetteva mai a nessuno di usarla.
“Ho paura che si rompa”, rispondeva sempre ai suoi amici e i suoi amici non glielo chiesero più.

Una mattina fresca di metà ottobre, Tommy si alzò in ritardo come al solito, si vestì di corsa, mise il giacchetto più pesante, baciò la mamma sulla guancia e uscì in giardino per prendere la bicicletta che teneva legata a un palo.
Ma qualcosa era diverso dal solito.
Una spessa striscia argentea imperlava il sellino da parte a parte e al suo termine una grossa lumaca si trascinava stancamente andando chissà dove.
“Ma che cosa strana!”- pensò Tommy- “Una lumaca su una bicicletta. Ma cosa pensa di fare? Le lumache sono lente e silenziose. Sarà meglio farla scendere visto che io vado velocissimo. Il suo posto non è di certo qui sopra. Per colpa sua arriverò tardi in classe e la maestra si arrabbierà moltissimo con me.”
Tommy allora prese delicatamente la lumaca per il guscio, la mise sull’erba e in tutta fretta pedalò verso la scuola.

Quello che Tommy non sapeva è che la lumaca non si era mai spinta al di là del delimitare del prato. Quindi lei ignorava che sul marciapiede davanti casa camminavano in fila le formiche, che sull’albero della vicina ci fosse un nido di api, che un pettirosso in fondo alla strada amava cantare alle 5 di pomeriggio. Le altre lumache erano felici lo stesso, in quel giardino crescevano in abbondanza denti di leone e altre foglie gustosissime, a loro non mancava niente. Ma alla nostra lumaca questa cosa proprio non andava bene. Lei aveva deciso che voleva scoprire il mondo e non si sarebbe arresa così facilmente.

Così la mattina dopo, con molta fatica, si fece trovare in orario sopra il sellino della bicicletta fiammante di Tommy.
“Eh no- pensò lui seccato- questa ci sta facendo l’abitudine.”
La riprese per il guscio, la osservò fissando le sue antennine sopra la testa e le disse “Come faccio a farti capire che se caschi ti fai male? Qui non devi salire!”. E la rimise al suo posto nel prato.
Ma la lumaca, testarda com’era, non avrebbe rinunciato al suo sogno e la mattina seguente, con molta fatica, si fece trovare nuovamente in orario sopra il sellino della bicicletta.
Tommy quando la vide non credette ai suoi occhi. Forse, per lo spavento, avrebbe capito che quello non era di certo un posto dove poteva stare una lumaca. Rifletté un attimo su cosa fare, la spostò sul manubrio e partì a tutta velocità verso la scuola.

Quando Tommy iniziò ad andare così veloce la lumaca per un secondo ebbe paura, poi si attaccò bene al metallo e si fece coraggio. Durante il viaggio si divertì da morire. Non si era mai sentita così libera. Osservò con cura le foglie che iniziavano a cascare, sentì l’odore intenso della resina dei pini, vide volti e case e montagne che non aveva mai visto prima. Tutto era nuovo, sconosciuto e a lei sembrava di essere rinata.
Quanto Tommy legò la bicicletta davanti a scuola si sorprese di vedere la lumaca ancora attaccata al suo posto ma si sorprese ancora di più quando al suo ritorno la notò lì, dove l’aveva lasciata, che lo stava aspettando.

Lungo la strada del ritorno la lumaca si sentì in dovere di sdebitarsi con quel bambino che gli aveva fatto vivere dei momenti così magici. Allora iniziò a raccontargli dei fili d’erba bagnati di rugiada, dei petali morbidi delle margherite e del solletico che il vento le faceva mentre era sopra la bicicletta. Tommy a quel punto rallentò (c’erano davvero tutte quelle cose?) e iniziò a osservare con attenzione quello che la lumaca gli diceva, andando lentamente per non perdersi nemmeno un dettaglio di quel mondo così piccolo ma non per questo meno bello.

Posso dirti, caro lettore, che divennero grandi amici. La mattina presto la lumaca era già pronta sul sellino della bicicletta, elettrizzata per il viaggio che l’aspettava. Tommy andava come una scheggia per non arrivare in ritardo e la sua amica non riusciva a smettere di ridere per il solletico che le faceva il vento. Al ritorno andavano piano, pianissimo, e spesso si fermavano a guardare i nidi dei merli o le antenne di qualche grillo che si domandava sbigottito che cosa ci facessero insieme quei due.

Tommy in bicicletta con la sua lumaca
Mr. Mistero
Avventura, Magia

Mr. Mistero

Poche cose si sanno di Mister Mistero. Primo, è un uomo misterioso. Secondo, adora risolvere enigmi e misteri. Terzo, non si perde mai uno spettacolo di magia.

Forse perché così può imparare qualche trucco che può essergli utile per risolvere i suoi misteriosi misteri o forse perché semplicemente va matto per i giochi d’illusione. Chissà.
Così tutte le volte che vede una locandina di uno spettacolo se lo segna sull’agenda, compra i biglietti e non perde mai un appuntamento. Poi indossa il suo impermeabile grigio, gli occhiali da sole anche se è notte, il suo cappello, prende il giornale di qualche mese prima e si mette zitto zitto nell’ultima fila per non farsi notare.
“Signore e signori, benvenuti al 92° festival Houdini di magia! Io sono il mago Magis, mettetevi comodi e godetevi lo spettacolo”.
Mr. Mistero guardava rapito il mago che riusciva a leggere nella mente, indovinava le carte senza averle viste, faceva scomparire gli oggetti e sollevava delle bottiglie senza toccarle.
Che emozione ogni volta!
Mr. Mistero tutto concentrato cercava di capire i trucchi dietro ai giochi di prestigio ma proprio non ci riusciva.

La serata filò liscia liscia come la notte tra bocche aperte per l’incredulità e applausi entusiasti.
Finito un numero mozzafiato dove un candelabro si trasformava in un coniglio, il mago fece per prendere dal baule quello che gli serviva per l’ultima magia quando improvvisamente divenne tutto rosso in volto e poi bianco e poi di nuovo rosso.
Mr. Mistero capì subito che qualcosa non andava.
Il mago borbottò tra sé e sé qualche parola incomprensibile, si voltò indietro, poi in avanti, poi indietro e poi si avvicinò al pubblico e disse “Signore e signori, mi vedo costretto mio malgrado a sospendere lo spettacolo. Io non trovo…sono scomparse… le mie colombine” e scoppiò in lacrime. Tutte le persone nella sala pensarono che fosse uno scherzo, si guardarono stupite tra di loro ma vedendo Magis con le mani sul volto capirono che di uno scherzo non si trattava.
Passò un tempo che sembrò infinito di totale silenzio e di sconcerto generale.
“Chiamiamo la polizia!”, propose qualcuno ma era abbastanza assurdo chiamare la centrale e dire “scusate, sì.., siamo a teatro e c’è un’emergenza, sono sparite le colombine del mago”.

Mr. Mistero comprese che era il momento di intervenire, si alzò in piedi, salì sul palco, si presentò a tutti e chiese agli addetti della sicurezza di controllare che nessuno uscisse dal teatro. Si avvicinò a Magis per rassicurarlo e gli domandò dove fossero gli animali prima di sparire. “Qui dentro la gabbia ma adesso è a…aperta”, rispose Magis tra un singhiozzo e l’altro.
Mr. Mistero pensò subito che le colombine in fondo non potevano essere andate molto lontane: qualcuno doveva averle rubate.

I primi indiziati ovviamente erano tutti i collaboratori del teatro come sarti e truccatori ma andando dietro le quinte Mr. Mistero gli vide sconvolti almeno quanto il mago.
“Erano mesi che stavamo lavorando a questo spettacolo, doveva essere tutto perfetto” disse la sarta Anna tra una lacrima e l’altra. Per non parlare del tecnico delle luci Omar che fissava il vuoto e sembrava sotto shock. No, non potevano essere loro i responsabili.  

Mr. Mistero allora tornò in sala e si guardò intorno per capire chi tra gli ospiti poteva essere un indiziato. C’era una signora bionda bionda magra magra che stava sbadigliando e non vedeva l’ora di tornare a casa, un signore pelato in seconda fila che si era addormentato, nella fila dietro una ragazza sembrava davvero preoccupata per la sorte degli uccelli, sulla sinistra alcuni bambini vestiti da mago si tiravano le bacchette sulla testa. Nessuno sembrava il ladro di colombe.
Un tipo anziano piuttosto panciuto con la giacca molto larga sembrava agitato e ansioso di andare via ma quanto Mr. Mistero gli chiese di aprire la giacca, non trovò proprio niente, a parte una tavoletta di cioccolata nascosta nella tasca interiore. “Mia moglie non sa che sono qui a vedere lo spettacolo di magia, ed è tardi”, si giustificò imbarazzato.

Ma perché rubare delle colombe? E quando le avrebbero rubate dato che il pubblico è sempre rimasto seduto? Qualcosa non tornava.
Intanto gli ospiti in sala cominciavano a lamentarsi dell’orario, della cattiva gestione dell’emergenza e qualcuno voleva pure il rimborso del biglietto. Mr. Mistero parlò con Magis e decisero di mandare tutti a casa, le colombe erano definitivamente scomparse.

La mattina seguente Mr. Mistero si alzò, indossò il suo impermeabile grigio, gli occhiali da sole, il suo cappello e prese il giornale di qualche mese prima. Si avviò verso il suo bar preferito, si sedette, ordinò un cappuccino e una brioche alla crema e si sistemò il giornale davanti al viso. Aveva quasi finito la sua colazione quando notò qualcosa di molto strano. Nel parco dall’altro lato della strada tre pettirosso avevano il collo insolitamente lungo. Mr. Mistero lasciò i soldi sul tavolino del bar e si avvicinò per guardare meglio: si trattava di colombe ricoperte di trucco che stavano discutendo animatamente tra di loro. Ma doveva aver visto male, per forza. Si tolse gli occhiali e si strusciò forte gli occhi. Provò a guardare meglio ma niente, erano sempre lì.
“Io non ci penso nemmeno a tornare dal mago che ci costringe a stare tutto il giorno in gabbia e ci lascia libere solo per gli spettacoli!”, diceva una.
“Sì, ma abbiamo sempre fatto quel lavoro e mi mancano le facce stupite dei bambini”, rispondeva l’altra.
“Siamo scappate, ci siamo immerse nel trucco di scena per far finta di essere pettirosso, io non torno davvero indietro con tutto quello che abbiamo rischiato per scappare!”, cinguettava la terza.
“Con tutto quello che abbiamo passato”
“Con le giornate chiuse dietro le sbarre”
“Ma quanto era bello far ridere i bambini”
“Sì, chissà come sono tristi senza di noi”
“Già, i bambini”

Mr. Mistero si avvicinò silenziosamente commosso dopo aver sentito quelle parole. Quindi le colombe non erano state rubate da nessuno, avevano architettato un piano per fuggire, sporcarsi il petto con il rossetto e volare via per essere finalmente libere. Cosa fare?
Mr. Mistero non era bravo in queste cose, lui era esperto di enigmi, rompicapo e rebus, ma non poteva rimanere indifferente e serviva una soluzione a questo problema così insolito rispetto a quelli che era abituato a risolvere. Ragionò, riflettè, pensò. Poi d’improvviso ebbe un’idea geniale, si fece coraggio e prese la parola.
“Scusate signore colombe. Forse potrei aiutarvi. Visto che ci tenete a fare gli spettacoli, se il mago vi lasciasse libere il resto del tempo, voi tornereste indietro da lui?”.

Poche cose si sanno di Mister Mistero. Primo, è un uomo misterioso. Secondo, adora risolvere enigmi e misteri. Terzo, non si perde mai uno spettacolo di magia.
Quella sera indossò il suo impermeabile grigio, gli occhiali da sole, il suo cappello, prese il giornale di qualche mese prima e blablabla, insomma, lo sappiamo ormai, i suoi soliti vestiti. Si sedette zitto zitto nell’ultima fila per non farsi notare.La serata filò liscia liscia come la notte fino all’ultimo numero quando tre colombine splendide uscirono come d’incanto dal cilindro del mago Magis. Volavano alte in aria per poi trasformarsi al tocco del mago in fazzoletti bianchi e poi ricomparivano sulle spalle dei bambini della sala che ridevano felici. Finalmente tutti gli spettacoli erano una loro scelta e sapevano di libertà.