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Ludo e Luce

Fin dal primo giorno in cui era venuta al mondo, Ludo aveva portato con sé una luce speciale.
Non solo per i suoi genitori che erano felicissimi di avere finalmente tra le braccia la loro bambina: Ludo aveva il potere di illuminare con il suo sorriso una stanza appena entrava, riusciva a far ridere le commesse quando usciva da un negozio e non si tirava mai indietro quando qualcuno era in difficoltà.

Ludo era una bambina spontanea, buona e incredibilmente testarda.
“Ludoooo, scendi dall’albero che ti fai male”
Ma Ludo era in alto che aiutava un piccolo uccellino ferito.
“Ludovicaaaaaa! Ti ho detto mille volte che non devi toccare per terra!”
Ma Ludo cercava di prendere una lucertola che correva lungo i sassi caldissimi.
“O Ludovica, per favore, non te lo dico più. Com’è possibile che tu non sappia stare un attimo ferma?”
Ma Ludo non aveva sentito quello che le stava dicendo la mamma, era già corsa via lontana.

C’era una cosa che la bambina desiderava nel suo cuore più di qualsiasi altra cosa al mondo, un sogno tanto forte quanto difficile da realizzare. Ludo voleva un cagnolino. Si immaginava spesso a spasso con lui, o mentre lo lavava o mentre correvano insieme al parco.
Quando provò a dirlo al babbo e alla mamma le risposero “Sai che abbiamo solamente un piccolo giardino, non starebbe bene qui con noi. Poi i cani sono animali impegnativi, sai? Non è come un gatto, che sono molto indipendenti.”
Lu però non demorse e i suoi genitori per prendere tempo le dissero semplicemente “quando imparerai a essere più tranquilla”.

Ludo sapeva perfettamente che un cane non era come un gatto, che il loro giardino non era grandissimo e che avrebbe avuto bisogno costantemente di cura e attenzione ma lei proprio non sapeva rinunciare a quel grande desiderio e le sembrava che nessuno capisse quanto fosse importante per lei.
“Sarò brava”, ripeteva dentro di sé, “la più brava padroncina del mondo.”
Solo un persona appoggiava Ludo nel suo sogno: una vecchia signora tutta curva, a cui Ludo ogni tanto portava la spesa.
“Non devi smettere di crederci, hai capito? Non devi mai smetterci.”
La signora poi raccontava di tutti gli animali che aveva avuto durante la sua adolescenza e Ludo fantasticava sull’amore che avrebbe portato questo amico peloso nella sua vita.

Un bel giorno di sole Ludo stava camminando quando sul ciglio della strada trovò un piccolo cucciolo abbandonato. Subito lo prese, lo strinse forte tra le braccio e corse a casa. Che emozione!

Quando il babbo e la mamma videro quel piccolo acconsentirono a tenerlo con loro e da quel momento Luce divenne la gioia più pura di Ludo che aveva sempre portato felicità nella vita degli altri.

bambina a testa in giù
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Santina detta anche testa all’ingiù

Santina era una bambina vivace e curiosa. Le piaceva passeggiare lungo il fiume con una grossa lente di ingrandimento e soffermarsi a vedere da vicino le lumache in primavera o i girini in estate. Non faceva loro del male, Santina era fermamente convinta che non bisognasse usare la violenza contro nessuno, nemmeno contro gli animali, semplicemente li prendeva in mano e li osservava bene bene con la sua lente. Ogni piccola macchia, movimento, per lei era qualcosa di insolito e speciale.

Però Santina aveva un grosso grosso problema: non aveva amici. Infatti a scuola nessuno parlava con lei perché i suoi compagni preferivano collezionare carte invece di guardare i sassi o i fili d’erba. Anche all’allenamento di tennis del giovedì non era riuscita a fare amicizia perché rimaneva incantata a guardare le nuvole passeggiare leggere nel cielo sopra il campo, e puntualmente veniva colpita in fronte da una pallina e tutti i bambini si mettevano a ridere. L’unico suo amico era Thomas, detto Tom, che era timidissimo e preferiva stare seduto in silenzio invece di giocare ad acchiappino. Anche lui non capiva Santina, però rimaneva accanto a lei, chiedendosi che cosa trovasse di divertente in un formica che trasporta una briciola di pane. Tom però non faceva domande, si limitava a rimanere lì, zitto zitto, a osservare la sua amica.

Effettivamente Santina era un po’ strana. I suoi genitori l’avevano portata da diversi dottori ma tutti loro rispondevano che la bambina stava bene, benissimo di salute, semplicemente aveva interessi fuori dal comune e una personalità molto forte. Sì, è vero, soffriva un po’ per la sua solitudine ma alla fine aveva Tom e i suoi amici animali e questo le bastava.

Un pomeriggio Santina sparì. Tutti la cercarono: i genitori, gli zii, i nonni, la vicina di casa e Thomas ma non si trovava da nessuna parte. Fu solamente dopo alcune ore che sua mamma la vide in giardino, attaccata a un ramo, a testa in giù.
“Santina ma cosa stai facendo?”, le chiese preoccupata.
“Vedo le cose da un’altra prospettiva”, rispose come se fosse la cosa più normale del mondo.

Non c’era altro da aggiungere. Santina aveva appena scoperto e aggiunto alle sue innumerevoli e strane passioni quella di osservare il volo delle rondini da quell’insolito punto di vista.
“Ma starà male?”, “Portiamola dal medico!”, “Che cosa le prende!”, si chiedevano tutti.

Solamente Tom non si fece domande e raggiunse l’amica sul ramo della quercia mettendosi anche lui a testa all’ingiù, e per la prima volta pensò che la sua amica aveva proprio ragione, effettivamente da lì sembrava tutto più bello.

volpe
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Il regalo di Ernesto

Ernesto stava aspettando pazientemente la sua festa preferita: il Natale.
Già da tempo aveva organizzato tutto: raccolto le pigne, pulito la tana, deciso cosa mangiare e preparato gli inviti.

La mattina di Natale scese di corsa le scale e trovò sotto l’albero un unico piccolissimo pacchetto.
“Non è possibile”, pensò subito.
“Babbo Natale si deve essere sbagliato, un unico regalo…e così piccolo! Eppure mi sono comportato bene quest’anno”.
La volpe allora prese nella zampa quella piccola scatolina rossa, la girò tre volte su se stessa e poi tirò delicatamente il fiocco bianco.
La scatola era completamente vuota.
“Ma che scherzo è mai questo! Una scatola minuscola…e pure vuota!”.

Ormai era tardi, gli ospiti stavano per arrivare e ancora tante cose andavano fatte nella tana.
Tutto triste Ernesto apparecchiò la tavola, assaggiò controvoglia lo stufato e si mise sulla poltrona, affondando la sua coda in basso.
La prima ad arrivare fu la cicogna.
“Oh Ernesto caro, cos’è quel musetto? Cos’è successo? Fatti stringere forte!” e lo tirò su abbracciandolo con calore.
Poi fu il turno della capretta che rimase sorpresa della scena davanti ai suoi occhi.
“Cicogna, cosa sta succedendo? Perché Ernesto è così triste? Non funzionano le lucine dell’albero?”. La capretta non ottenendo risposta si mise subito a controllare i fili elettrici ma tutto sembrava funzionare.
Infine arrivò la tartaruga, portando sul guscio una torta.
“Scusate tanto il ritardo. Uff, che fatica. Sono partita in orario ma questa torta mi ha rallentato tantissimo. Oh mamma Ernesto, che ti è successo? Hai bruciato lo stufato anche quest’anno?”

Alla fine la nostra volpina fu costretta a confessare che il motivo del suo malumore era la piccola scatola vuota che aveva ricevuto.
“Eppure mi sono comportato bene….”.
Gli altri animali ascoltarono attentamente e scoppiarono a ridere per poi stringersi intorno a Ernesto.
“Caro, siamo qui tutti insieme, è quello che conta alla fine”, disse la cicogna.
“E le luci funzionano”, aggiunse la capretta.
“E la torta è deliziosa”, ciancicò la tartaruga.
“Avete ragione”, ammise Ernesto, “la cosa più importante è avervi con me!”.

LETTERA PER BABBO NATALE DI ERNESTO

Caro Babbo Natale,
spero che tu stia bene e che tu abbia abbastanza tempo per leggere questa lettera.
Quest’anno sono stato bravo: ho aiutato i miei genitori, fatto tutti i compiti e non ho detto bugie.
Vorrei tanto ricevere come regalo una pigna gigante fatta d’oro, un nuovo tavolino di legno lungo sei metri e un pupazzo grosso quanto la mia casa.
Se ti sembra una richiesta esagerata mi basta ricevere un po’ di amore.
Grazie,
Ernesto.

immagine che contiene cenerentola
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Una stanza piena di sogni

Una sera di dicembre un re fece comunicare a gran voce nella piazza che chiunque avesse trovato la figlia avrebbe ricevuto in dono un’enorme fortuna.
Infatti la principessa, Lily da Altavilla, era sparita nel nulla la sera prima e nessuno aveva più notizie di lei. Si era cercato nelle sue stanze, nei giardini del palazzo, nelle cucine al piano terra ma niente. I genitori erano disperati e decisero allora di chiedere aiuto a tutti gli abitanti.

Il capitano delle guardie si propose subito di cercarla per tutte le terre.
“Datemi un cavallo instancabile e vi riporterò la principessa” disse con solennità. E il re acconsentì. Dotato nel più bel cavallo del reame, di un sacchetto pieno di monete e di scorte di cibo il capitano partì ma dopo novantun giorni e novanta notti tornò alla porta del castello affranto. Aveva affrontato pericoli e percorso terre sconosciute ma della principessa nessuna traccia.

Allora il marinaio Silver decise di cercarla per tutti i mari.
“Altezza, sono il miglior marinaio esistente, nessuna onda è a me sconosciuta. Datemi una nave con vele enormi e vi riporterò la principessa”. Il re senza pensarci acconsentì, la fama di Silver era nota in tutto il reame e gli mise a disposizione un enorme veliero con cento mozzi a suo servizio.
Dopo novantun giorni e novanta notti una nave con l’albero maestro spezzato arrivò al porto di Altavilla. Una terribile tempesta aveva impedito di continuare il viaggio e si era portata via con sé alcuni navigatori. Della principessa nemmeno l’ombra.

Ormai la speranza di ritrovare Lily si era affievolita e ovunque si parlava di rapimento, fuga e altre bizzarre soluzioni. Né per terra né per mare si avevano più sue notizie.


Ma un ragazzo alquanto strano, figlio di un vecchio falegname, si presentò davanti al re.
“Datemi il legno della nave distrutta e quello che rimane della sua enorme vela”. Il sovrano, suo malgrado, acconsentì. Patrick lavorò instancabilmente novantun giorni e novanta notti per costruire un’enorme mongolfiera. “Se non è per terra né in mare sarà in cielo” spiegò come se fosse la cosa più logica del mondo.
Il giorno in cui accese il fuoco per farla partire tutti pensarono che la sua era una folle idea e che si sarebbe schiantato, ma Patrick volò in alto e ancora in alto e sempre più in alto.

Vide poi tra le nuvole, lontano lontano, una specie di stanza bianca e dentro moltissime persone e  cose che provenivano dal mondo dei sogni. Un mostro che mangiava della pizza, un bambino con la bocca sporca di cioccolato, labirinti, tazze di tè e oggetti di ogni tipo.
Lassù, lontano dai suoi doveri e dalle costrizioni, c’era anche Lily, beata, che si tuffava tra le nuvole. Patrick la chiamò e cercò di spiegarle che tutti la stavano cercando, che i suoi genitori erano molto preoccupati per lei. Ma la principessa non voleva scendere, lì si avveravano tutti i sogni e da tempo non stava così bene, senza pensieri.

Il figlio del falegname cercò di farla ragionare e le disse che potevano tornare tutte le volte che voleva, lassù tra le nuvole, con lui, grazie alla sua mongolfiera.
Così Patrick accompagnò nel suo reame la principessa ma non senza essere stato anche lui tra le nuvole, desiderando ciò che voleva, nella stanza piena di sogni.

arturo con lo zaino
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Il coraggio di Arturo

Una mattina qualunque di dicembre Arturo si svegliò e si sentì diverso dal solito.
Allora si tirò su dal letto, guardò l’ora sulla sveglia e sì, era sicuro, c’era proprio qualcosa che non andava. Non nell’ora, le lancette segnavano quella giusta, però nell’aria c’era una sensazione strana.
Allora andò in bagno davanti allo specchio ma non vedeva nulla di particolare.
Eppure qualcosa era cambiato.
Arturo ci pensò su e si rese conto che ciò che aveva perso era il coraggio.

Ripensò a quello che aveva fatto il giorno prima: forse era cascato per strada, gli era scivolato dalle tasche mentre faceva lo scivolo o era rimasto a scuola sopra il banco.
E ora cosa fare? Come si fa a trovare il coraggio? E poi, com’è fatto il coraggio?.
E’ difficile trovare qualcosa che si è perso se non si sa che forma abbia.
“Difficile?- pensò Arturo- è impossibile!”.

Eppure era con lui fino alla sera prima, quindi insomma, bastava ragionarci sopra. Poteva avere la forma di una palla rossa?


Magari era un dolce gattino?


Oppure era fatto dalle lettere messe insieme una dopo l’altra?


Comunque, tanto lontano non poteva essere andato. Arturo rovesciò le scarpe, ma non uscì niente, tranne un piccolo sassolino. Allora aprì il cassetto, ma lì c’erano solo le mutande e i calzini. Guardò sotto il letto ma trovò solo qualche vecchia caramella ammuffita e un pezzetto di Lego che aveva perso due mesi prima.
Tra le coperte?! Eccolo lì…ah no, è solo il pigiama.
In casa non c’era. Arturo sconsolato guardò fuori dalla finestra, la pioggia stava scendendo forte e lui aveva paura di uscire in giardino a cercare il suo coraggio. Ormai erano passate ore, si sentiva molto triste e aveva perso le speranze di ritrovarlo.

Poi ebbe un’idea e pensò di chiedere alla mamma, le mamme sanno sempre dove finiscono le cose quando si perdono. Allora uscì dalla sua camera, andò in sala e spiegò il suo problema.
La mamma lo ascoltò attentamente, senza fretta, e poi lo abbracciò forte. Arturo in quel momento sentì caldissimo dentro al petto, come una fiamma, e capì che il coraggio era sempre stato dentro di lui, bastava solamente guardare meglio.
E adesso sapeva anche che aveva la forma di un abbraccio.